8 Agosto 2017 Gianluigi Zanovello

Mindfulness, piloti d’aeroplano e manager

Mindfulness. Cosa significa Mindfulness? A che ambito appartiene e come si può -se si può-  applicare la Mindfulness nella prassi operativa?

 

Cosa c’entra la Mindfulness con i piloti d’aeroplano e i manager d’azienda?

Si legge sempre più frequentemente di Mindfulness  e il fatto che questo termine venga sempre più spesso utilizzato dai media  ci deve far suonare qualche campanello d’allarme.

O è troppo banale oppure è davvero importante.

Di certo c’è che Mindfulness ha sempre solleticato la mia curiosità, al punto che ultimamente ho rivalutato alcuni fatti che mi sono successi nella vita, soprattutto professionale, facendomeli vedere sotto un’altra angolazione.

Certo mi farebbe piacere saperne qualcosa di più, magari da chi conosce bene i meandri della nostra mente. Chissà cosa ne pensa l’amico psicoanalista Dott. Legacci della Mindfulness.

Tutto è nato pensando a cosa accadde più di 35 anni fa.

 

 

QUESTO E’ IL RACCONTO DI QUELLA MATTINATA

Mindfulness, piloti di aere e manager. Mk7

Eccomi lì, stretto nelle cinghie del seggiolino eiettabile Martin Baker Mk7, mentre sto terminando la missione addestramento alla bassa quota a bordo del mio Stafighter F104S.

70 minuti volati a 150 metri da terra, alla velocità di 450kts (circa 850 Km/h). Di punto in punto sono riuscito a sorvolare un piccolo ponte ferroviario, il mio obiettivo simulato,  su un fiume distante più di 400Km dalla mia base.

Tutto “utilizzando” solo bussola e orologio. E naturalmente gli occhi.

È stata un missione positiva.  70 minuti di massima concentrazione, impegno, attenzione.

Ma anche di perfetta simbiosi con il velivolo e con l’ambiente.

 

70 minuti in cui mi sono sentito in grande armonia con ciò che mi circondava e con me stesso. Focalizzato e al contempo aperto a qualunque segnale esterno, anche il più lieve e apparentemente insignificante.

 

Che bello! Una sensazione incredibile e indescrivibile.

Ora  sono in virata base, con la giusta configurazione d’atterraggio. Fra un minuto o poco più toccherò la pista del mio aeroporto di appartenenza.

I miei occhi si muovono veloci, come in un balletto, controllando ininterrottamente velocità, traiettoria, assetto.

Lo Starfighter può diventare un uccello molto pericoloso se non lo si tiene sempre sotto controllo. “Pante 4 autorizzato all’atterraggio, vento calmo” dice la Torre di Controllo.

Velocità, traiettoria, assetto.

 

Eppure, da qualche secondo qualcosa non va come dovrebbe.

Non so cos’è.

 

Un incrinatura nell’armonia che fa mi pervadeva fino ad un attimo prima. Un senso di incertezza, di pericolo, come un pezzo di vetro nascosto nella sabbia.

Il prurito alla nuca.

Decido di controllare “sotto la pancia” del velivolo.

Ruoto l’aereo dalla parte opposta alla virata per guardare.

E’ solo un attimo ed eccolo li, un altro F104S, in corto finale. Lui senz’altro non mi ha visto.

E’ più basso di me e il pilota è evidentemente concentrato sul punto di contatto con la pista.

È arrivato sotto controllo Radar e non in contatto con la Torre di Controllo.

Queste cose dovrebbero essere coordinate tra i due Enti proprio per evitare incidenti, ma evidentemente oggi c’è stato un errore.

Ci metto una frazione di secondo. Di istinto livello le ali, contemporaneamente alzo il muso del velivolo verso l’alto, la mia mano sinistra spinge la manetta del gas in avanti fino al fondo corsa.

Non si sentono rumori dentro la cabina, solamente il solito fruscio dell’aria che sfiora veloce l’abitacolo.

Però mi accorgo, dal “calcio” che sento nella schiena, che il motore GE J79 ha scaricato tutta la potenza dei suoi 79,6 kN di spinta per togliermi dagli impicci.

Mentre osservo il tubo di pitot[1] disegnare un arco verso il cielo azzurro, realizzo che sono salvo e che tutto si è risolto.

 

Fabio, il pilota dell’altro velivolo, non si è accorto di nulla. Meglio per lui.

 

Cosa è stato? Gli errori capitano lo so e la vita è un continuo rischio. In tutti i sensi.

Ma perché ho provato quella sensazione, quello stato di instabilità, di incertezza? Non sono certo il tipo che crede ai miracoli…. Eppure…

 

CONSCIO E PRECONSCIO. UNA COLLABORAZIONE INDISPENSABILE.

Col tempo mi sono trovato una motivazione.

Probabilmente mentre iniziavo la virata base per l’atterraggio, il mio cervello ha registrato preconsciamente, il movimento di un ombra sul terreno qualche miglio davanti a me e poi ha continuato ad elaborarlo in modo “trasparente”, giungendo alla conclusione, sempre non esattamente conscia, che ci sarebbe stato un potenziale pericolo.

Di qui quella sensazione di disarmonia e quel pizzicore nella nuca.

E allora? Tutto normale, se non fosse che ora, a mente fredda, di situazioni simili, di sensazioni di disarmonia, di pizzicorio alla nuca, ne ho vissuti diversi e il dare ascolto a queste sensazioni più o meno consce,  mi ha consentito di cavarmi di impiccio da situazioni “difficili”, non solo relative al volo, spesso e volentieri.

È solo fortuna, mi sono chiesto? Oppure nel tempo, ho imparato ad essere sempre attento a questi “segnali deboli”?

 

Ecco il collegamento con la Mindfulness

 

Tutto questo è emerso con maggior chiarezza leggendo un libro molto interessante sulla gestione delle situazioni critiche, “Managing the Unexpected”, nel quale si fa spesso riferimento alla Mindfulness come elemento portante per la soluzione di circostanze incerte e delicate, sia nel settore dell’Organizzazione e della Sicurezza, ma anche a quello della Managerialità e dell’Impresa.

Mindfulness, quindi, non solamente in riferimento al campo della filosofia e della spiritualità, delle neuroscienze e della psicoterapia, ma anche ad ambiti più concreti e pragmatici.

 

GENESI DELLA MINDFULNESS

La Mindfulness, in effetti, affonda le sue radici nella cultura orientale ed in particolare nel buddhismo e nello yoga. Il termine Mindfulness rimanda all’antica espressione pali Sati al sanscrito Smrti e sta ad indicare quella condizione di consapevolezza (piena consapevolezza) che interessa non solo la sfera mentale, ma anche quella sensoriale ed emotiva. Si distingue dalla consapevolezza (ordinaria = awareness) in cui prevalgono gli aspetti cognitivi.

Ma se volessimo cercare una sintesi più pragmatica e attuabile anche in altri settori, potremmo dire che essere Mindful significa essere in grado di avere un buon controllo della situazione intima ed esteriore a noi stessi, tale da consentirci di agire in maniera sempre consapevole e informata.

Per arrivare a questo risultato, bisogna che l’individuo sia in grado di recepire i segnali che gli arrivano sia dall’esterno che dal proprio interno. Deve cioè essere in grado di sviluppare una “ricca consapevolezza del dettaglio discriminante” che, scevro dalla routine o dalle aspettative, gli consenta di focalizzarsi su quegli aspetti che a prima vista possono apparire poco significativi o ininfluenti.

Questi elementi, in realtà, possono rappresentare i primi sintomi di una crisi di sistema che, in prospettiva, può assumere vaste proporzioni.

Questo approccio mentale si può sviluppare come habitus, potenziandolo attraverso l’esperienza, l’impegno, l’apertura e l’attenzione verso gli altri e verso se stessi.

 

MINDFULNESS NON SOLO COME FILOSOFIA

Ma come si consegue la Mindfulness?

Esistono dei modi, degli approcci, delle modalità acquisibili, che ci consentano di guadagnare la massima Mindfulness possibile?

Quali sono i segreti di un professionista Mindful?

 

IL CERVELLO UMANO. EMISFERO DESTRO E EMISFERO SINISTRO

Il cervello umano elabora un flusso costante di informazioni. Riceve e trasmette ininterrottamente comunicazioni, processate alternativamente o contemporaneamente dall’emisfero sinistro o dall’emisfero sinistro.

In particolare:

l’emisfero sinistro analizza i particolari, scandisce lo scorrere del tempo, programma, svolge funzioni verbali, di calcolo, lineari e simboliche. Le comunicazioni che provengono dall’emisfero destro sono di tipo analitico. Si basano su processi logici. Sono frutto dell’apprendimento e dell’esperienza.

L’emisfero destro elabora i dati in modo rapido, spaziale, non verbale, sintetico e globale.

Le comunicazioni che provengono dall’emisfero destro, che è la parte del cervello più creativa e intuitiva, possono apparentemente apparire prive di logica. Possono non apparire “reali”, o essere assimilabili al sogno o all’ immaginazione.

L’intuizione, come altre forme di percezione non strettamente riconducibili all’utilizzo dei 5 sensi e alla logica lineare,  è di competenza dell’emisfero destro[2].

Essere in uno stato di Mindfulness significa favorire la generazione di  modificazioni adattive di alcuni organi e settori del cervello, con un effetto complessivo sull’intero sistema nervoso, centrale e autonomo.

In particolare, essere in uno stato di Mindfulness significa generare un incremento e una rimodulazione dei nuclei profondi dell’emisfero destro (parte intuitiva, preconscia e digitale dell’esperienza esistenziale e percettiva)[3]

 

MINFULNESS: FILOSOFIA DI VITA, PRASSI OPERATIVA

Questo ho compreso, a distanza di 35 anni da quel giorno. La distanza e il tempo mi permettono una visione prospettica di quello che allora fu un semplice istante memorabile della mia vita.

 

Quel volo è stato per me una sorta di “esperienza meditativa”. Sono stato presente a me stesso e in comunicazione armonica con entrambi gli emisferi del mio cervello. Ed è probabilmente all’amichevole presenza dell’intuizione preconscia e del mio emisfero destro che devo la vita.

 

IN CHE MODO LA MINDFULNESS E’ PARTE INTEGRANTE DEL MIO LAVORO

Esiste uno stereotipo secondo il quale raggiungere uno stato di Mindfulness equivale unicamente alla pratica della meditazione, seduti in silenzio sotto l’albero della Bodhi.

Io credo che questo tipo di meditazione abbia un grande valore. Ma credo anche che questa sia solo una delle vie che conducono all’attivazione di stati emotivi e mentali di natura extra-ordinaria.

Io non sono un tipo “alternativo”, però credo nelle cose che funzionano.

Credo che per l’uomo occidentale esistano strategie complementari, e canali paralleli, che possono utilmente guidare verso territori limitrofi a quelli dei maestri Zen e, credo, ugualmente importanti e utili per noi uomini e professionisti.

 

In quest’ottica, queste sono le linee che mi guidano e che ti incoraggio a seguire:

 

SEMPRE

  • Ricordati di avere due emisferi cerebrali e di lasciarli cooperare amichevolmente
  • Evita le aspettative
  • Fai attenzione ai segnali deboli
  • Non semplificare
  • Incoraggia l’immaginazione
  • Vedi i problemi come possibilità di miglioramento
  • Sii diffidente dei momenti di calma
  • Sii resiliente
  • Impara dagli errori

 

E QUANDO SEI IN DIREZIONE

  • Favorisci un clima di segnalazione
  • Incoraggia una gerarchia della competenza vs una gerarchia della conoscenza
  • Ricorda a te stesso, e agli uomini e alle donne che lavorano con te, di conservare la posizione instabile di esseri umani, cioè sempre in divenire.

 

 

 

[1] Il tubo di Pitot è uno strumento utilizzato per misurare la velocità e sull‘F104S è montato in cima al cono di punta del velivolo
[2] Fonte: “The split brain: A tale of two halves”, http://www.nature.com/news/the-split-brain-a-tale-of-two-halves-1.10213, pubblicato su Nature.
[3] Fonte: Ennio Preziosi, Corso di meditazione di Mindfulness.

 

 

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Gianluigi Zanovello

Gianluigi Zanovello, friulano, attualmente Comandante dell’Aviazione Civile, ex pilota Militare con esperienza pluriennale su velivoli ed elicotteri. Ha fatto parte della Pattuglia Acrobatica Nazionale - Frecce Tricolori per 10 anni occupando varie posizioni, tra le quali Leader della formazione in volo e Comandante dell’intero Gruppo. All’interno dell’Aeronautica Militare, ha ricoperto il ruolo di Comandante del Reparto Sperimentale di Volo e altri incarichi dirigenziali, sviluppando una grande esperienza operativa e di gestione di uomini e mezzi. Da molti anni, occupandosi di Non Technical Skills e di Human Factor ha saputo trasmettere le sue competenze, sviluppate nell’ambito dell’Aviazione, ad altri settori di applicazione. Collabora attivamente con Università, Ospedali e Aziende pubbliche e private, ove Sicurezza, Efficacia ed Efficienza sono dei must irrinunciabili, soprattutto nelle situazioni di rischio, elevato workload e stress.