25 Agosto 2016 Gianluigi Zanovello

Intervista con il Gen. Mario Arpino

Mario Arpino, Pilota Militare, ex Capo di Stato Maggiore di Aeronautica e Difesa, ex CEO di un’importante Azienda Aerospaziale.

   Gen. Mario Arpino [1], in una recente intervista, il Presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, ha citato il “saper ascoltare” come la qualità più importante che un Manager, un CEO o un Imprenditore deve possedere per avere successo nel suo settore. Alla luce della sua pluriennale esperienza, sia nel settore della Difesa che in quello dell’Industria Civile, cosa ci può dire di questa affermazione?

  La citazione espressa dal Presidente Vincenzo Boccia è di un’ovvietà tale che non si può non condividere. Ed è proprio questa “ovvietà” che preoccupa. Se, già all’inizio del suo mandato, ha ritenuto importante esprimere questa raccomandazione – presumibilmente diretta sopra tutto ai propri associati – significa che nell’ambiente la prassi dell’ascoltare non è poi così ovvia, come la ragione ed il buon senso suggerirebbero…

Intervista al Generale Mario ArpinoSaper ascoltare e saper parlare, che assomiglia molto al concetto di “essere” e “apparire”, è una di quelle antinomie del nostro tempo, delle quali, tuttavia, troviamo sempre traccia nella Storia della Filosofia. Anche prima di Kant.

Oggi, media superveloci e spesso invasivi – la loro utilità, come il progresso, è però incontrovertibile – riescono ad “appiccicare” nelle menti più giovani cultura ed idee, saltando tuttavia alcuni passaggi importanti, come il ragionamento, la riflessione, la maturazione.

 

Il ricorso continuo ai social, quindi, tende a sostituirsi pericolosamente all’esperienza, creando generazioni di approssimati e chiacchieroni. Moltissimi tellers, quindi, e rarissimi listeners. Non servirà a consolare Vincenzo Boccia, ma questo è un discorso generalizzato, che non tocca solo Confindustria, ma anche e soprattutto le Istituzioni. Persino ai massimi livelli. Lo vediamo ogni giorno che passa, e ne osserviamo le conseguenze.

La cosa più triste è quando anche i Leader, che dovrebbero essere buoni listeners per vocazione, si trasformano in tellers mirabolanti.

Allora succede che il fenomeno si inverta, perché è l’autoreferenzialità del Capo, il quale tende a scegliersi tra i collaboratori solo esecutori fedeli ed acritici – a sterilizzare nell’ascolto della sua voce idee che non sempre ci sono.

 

  Gen. Mario Arpino, lei è stato Comandante, Manager e infine Presidente e CEO di un’importante Industria Nazionale. Quale pensa siano i requisiti o le caratteristiche principali che un Manager o un Impresario o un Amministratore Delegato deve possedere per poter raggiungere gli obiettivi che si pone?

  Appena approdato alla conduzione di un’industria nazionale privata – al cui vertice sono poi rimasto una decina d’anni – mi era sembrato che metodi, procedure e spirito fossero profondamente diversi da quelli che per anni mi avevano permeato prima come subordinato ed in fine capo delle Forze Armate. In questo , qualche differenza c’è anche tra una forza armata e l’altra, ma sostanzialmente non differiscono. Innanzi tutto, mi era sembrato che assimilare, come si usa fare, la figura di Comandante a quella di Manager fosse fuorviante. Il Comandante si trova ogni giorno ad essere responsabile, in pace e in guerra, dell’arruolamento, dell’addestramento, del benessere e della vita dei propri uomini.

Quindi, deve possedere innanzi tutto quell’autorevolezza responsabile che, concetto diverso da quello di autorità, può derivare solamente dal saper fare, o aver perlomeno fatto, o almeno conoscere, quello che viene richiesto ai subordinati. Se questi rischiano, deve dimostrare che sa rischiare anche lui.

Il Manager è imposto dall’esterno, può essere un illustre sconosciuto ai più ed aver operato, facendo profitto, in aziende con attività del tutto diverse. L’azionista, sopra tutto se privato, gli chiederà innanzi tutto di incrementare il profitto, spesso secondo canoni imposti. Benessere, reclutamento, addestramento vengono dopo, e a mio avviso è sbagliato. E’ su questo tema che ho incontrato le mie prime difficoltà. “Ma lei, presidente, sta dalla parte dell’azienda o del personale?”. La mia risposta (“pensavo che azienda e personale fossero la medesima cosa”) ho avuto l’impressione non abbia mai soddisfatto il severo interlocutore.  “A questo ci pensano i sindacati”, mi veniva ribattuto. Ciò non ostante, ho continuato a fare di testa mia, come la mia etica richiedeva e assorbendo ogni trauma come una sponda di biliardo. In fondo, poi non è andata così male…

 

  Gen. Mario Arpino, lei ha una grande esperienza Internazionale, oltreché essere un riconosciuto e stimato esperto di geopolitica, come pensa debba affrontare la sua vita professionale un giovane Manager che si affaccia oggi nell’arena del Mercato, sempre più globalizzato e Internazionale?

  Non mi è facile rispondere. Avendo già un certo grado di conoscenza di usi, costumi, mentalità e procedure a livello internazionale, confrontarmi in questo campo non mi era sembrato particolarmente difficile. Ciò però mi ha spesso portato a pensare che un Manager non si improvvisa, in nessun caso. Certo, molti giovani conoscono il mondo meglio e prima di noi, e certamente la generazione Erasmus fa molto meno fatica di quanta non sia costata a noi navigare in questo mare. Ma, anche oggi, ritengo che occorra studiare, leggere, documentarsi, frequentare almeno qualcuno dei molti corsi oggi disponibili nel settore.

E avere tanta pazienza, se non umiltà. Poi, fatto questo, occorre ascoltare con modestia chi ne sa di più.

E così, torniamo al “saper ascoltare”. Non è poi così naturale e semplice come sembrerebbe: esiste  un’ arte di ascoltare che non può prescindere dalla volontà di “volerlo” fare.

Solo una base di conoscenza già precedentemente acquisita consentirà, poi, di distinguere tra “consiglieri fraudolenti” e interlocutori onesti. Ma per farlo, è indispensabile ascoltare tutti. La prerogativa del Capo, ovvero “decidere”, verrà esercitata solo alla fine del processo. E, il più delle volte, in solitudine.

 

 Gen. Mario Arpino, si fa un gran parlare oggi di Lavoro di Team, di Leadership, di Teambulding, come unico modo per affrontare e superare le sfide che il mondo moderno ci propone oggi. Lei, nel corso della sua esperienza lavorativa come pilota militare prima, come Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare e della Difesa poi e infine come CEO e Presidente di una importante Azienda Aerospaziale ha senz’altro molta esperienza di questo approccio lavorativo. Quali sono, secondo lei, gli ostacoli al raggiungimento di una capacità effettiva di saper lavorare in Gruppo?

  Si, l’esperienza c’è, ma il mondo cambia. Sono tutti principi che oggi si insegnano, ma che fino a ieri parevano logici e naturali. La parole forse erano meno auliche, il sistema meno organizzato, ma si è sempre detto “cerchiamo di lavorare assieme”, “suddividiamoci il compito”,  “dobbiamo coordinarci meglio”, e così via. Se oggi c’è bisogno di insegnarli secondo logiche e metodologie anglosassoni, significa che, in un individualismo che appare sempre più spinto ed egoista, in un’onniscienza derivata dalla rete, evidentemente così logici e naturali non sono.

L’ostacolo sta proprio qui: nella scarsa capacità e volontà di comunicare attraverso un dialogo vero, portando nel dibattito (che esiste solo nelle trasmissioni-pollaio e nei centri sociali, ma non come pratica quotidiana) delle idee vere, originali, e non solo sciocchi slogan alla moda.

C’è un pericolo. E’ possibile, qui bisogna essere molto cauti, che l’autoreferenzialità di cui abbiamo parlato non sia solo quella indotta nei Manager dalla piaggeria dei collaboratori, ma emerga anche dalla frequenza di alcuni dei corsi di specializzazione appena menzionati. Un esempio: quando lavoravo nell’indusUmaniversitas intervista il Generale Mario Arpinotria, ricevevamo, ovviamente, centinaia di curricula. Per lo più in “formato europeo”, italiano e inglese. Questi ragazzi avevano imparato a compilarli frequentando i vari corsi, ed erano tutti presso ché uguali. Tutti si dichiaravano dotati di una “innata capacità di leadership”, di una “naturale predisposizione per il lavoro di gruppo”, “di essere in grado di pilotare ogni discussione, ottenendo in breve aggregazione e consenso”, “di possedere una grande versatilità in caso di cambio di attività”, e via di seguito, con amenità su questo standard.  Arma a doppio taglio, questo tipo di curricula. Mai esagerare! In genere, non venivano neppure presi in considerazione.

 

[1] Mario Arpino. Generale dell’Aeronautica Militare, Pilota Militare, ha ricoperto il ruolo di Capo di Stato Maggiore dell’A.M. e della Difesa. Ha quindi rivestito per vari anni la posizione di CEO e Presidente di una importante Azienda Aerospaziale. Grande esperto di geopolitica (fa parte del Comitato Direttivo dell’Istituto Affari Internazionali), collabora attivamente con varie testate giornalistiche televisive, radiofoniche ed editoriali.

 

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Gianluigi Zanovello

Gianluigi Zanovello, friulano, attualmente Comandante dell’Aviazione Civile, ex pilota Militare con esperienza pluriennale su velivoli ed elicotteri. Ha fatto parte della Pattuglia Acrobatica Nazionale - Frecce Tricolori per 10 anni occupando varie posizioni, tra le quali Leader della formazione in volo e Comandante dell’intero Gruppo. All’interno dell’Aeronautica Militare, ha ricoperto il ruolo di Comandante del Reparto Sperimentale di Volo e altri incarichi dirigenziali, sviluppando una grande esperienza operativa e di gestione di uomini e mezzi. Da molti anni, occupandosi di Non Technical Skills e di Human Factor ha saputo trasmettere le sue competenze, sviluppate nell’ambito dell’Aviazione, ad altri settori di applicazione. Collabora attivamente con Università, Ospedali e Aziende pubbliche e private, ove Sicurezza, Efficacia ed Efficienza sono dei must irrinunciabili, soprattutto nelle situazioni di rischio, elevato workload e stress.